Sono la zia di Giorgio, sorella gemella di Renzo, il papà di Giorgio.
Sono zia e non sono madre.
Non ho esperienza di avere un figlio, non ho esperienza di perderlo.
Il suicidio di Giorgio è stata la morte di un nipote fra i nove che ne avevo. La morte di un ragazzo giovane e forte, la morte del figlio di mio fratello, la morte del fratello di suo fratello, altro mio nipote. E’ difficile collocarmi di fronte a questa morte in una posizione.
La parentela non la definisce e forse non la comprende del tutto.
Di quell’evento ho dolore, indicibile.
Un sasso nell’acqua che continua a fare cerchi. Ad ognuno il suo e insieme nello stesso mare di dolore. In questo mio cerchio, in questa lunghissima onda di sofferenza, sono certa di galleggiare, a volte stremata e in apnea, a volte con la riva vicina su cui riposare. E naufraga sono con tutti i miei cari e gli amici e i conoscenti che questa morte ha segnati.
Sono la zia del suicida, sono sorella gemella di suo padre.
Sono, senza avere, senza perdere, sono sorella di chi è rimasto in vita, viva.
Quando Giorgio è morto ho pensato che anche mio fratello sarebbe morto. E questo non lo volevo. Il suo dolore, la sua rabbia, il suo sgomento e delirio, le sue ossessive domande non lasciavano respiro. Sono stata presente. Ho ascoltato tutto. Ho accolto tutto. E ho chiesto aiuto.
Ho saputo da un conoscente che esisteva, nella nostra città, un centro che si occupava delle persone sopravvissute a suicidi. L’ho contattato un mese dopo la morte di Giorgio, per avere aiuto, nella speranza di poter portare con me in quell’ascolto anche mio fratello e sua moglie Daniela.
Ho trovato umanità, ho trovato, a mia volta, ascolto.
Ma mio fratello non voleva saperne. Di preti, psicologi e filosofi (io rientravo in questa ultima categoria, secondo lui) non sapeva che farsene. Si disperava, passava dalla rabbia più incontenibile all’ossessiva ricerca di un colpevole. E annusava il profumo rimasto nelle magliette del figlio… e lo aspettava sulla soglia di un tempo senza futuro. Intanto doveva affrontare insieme alla moglie forte e coraggiosa le conseguenze delle azioni di Giorgio, compreso un dissesto economico di cui non potevano ancora quantificare l’entità e del quale dovevano rispondere. Ero presente ogni giorno, ore ed ore ad ascoltare la sua perdita, perdita di vita.
Di tanto in tanto gli dicevo che io mi facevo aiutare da questo Dottore e che, se volevano, potevano venire con me.
Il giorno del nostro compleanno, esattamente cento giorni dopo la morte di Giorgio, mio fratello, mia cognata, ed io andammo al primo incontro col Dottore. Ci andammo a piedi e andata e ritorno somigliarono al calvario. In mezzo ci fu il ripetersi di ragionamenti e parole che io conoscevo a memoria.
Per me, tuttavia, quello fu un momento di sollievo. Non avrei certo diminuito la presenza e l’ascolto per mio fratello e la sua famiglia, ma non sarei più stata sola. Da lì in poi e per circa un anno qualcuno ci avrebbe offerto ascolto attento e condivisione.
Così è stato quando ho conosciuto Patrizia, mamma di un figlio suicida impiccatosi come Giorgio, e Chiara, la psicoterapeuta sorella di un fratello suicida. Quello fu il nostro gruppo, con la primavera che fioriva a volte inutilmente a volte con un sorriso strappato al pianto. Un appuntamento settimanale che andava e veniva fra le sponde dello scetticismo e della speranza. E la vita dei giorni, i gesti quotidiani di noi sopravvissuti venivano a tavola, semplici come l’acqua, chiamati assurdi, chiamati vuoti, chiamati. . . parlati. Parlati insieme. Riconosciuti a vicenda. Uguali quasi di dolore. Mio fratello continuava a correre sugli argini, maratoneta che sfiancava il corpo per poterlo dimenticare la notte e dormire. Io che lavoravo. Daniela. che risolveva faccende e Patrizia che badava ai nipotini. Il Dottore che accoglieva e incoraggiava, teneva testa alla caparbia rabbia di mio fratello, e la psicoterapeuta che tutti ci accoglieva con dolcezza. Tutta questa umanità ho trovato in quel gruppo, fino all’ultimo incontro. E la gratitudine continua ancora.
6 Comments
Ciao sono Elena, mia mamma si è suicidata un anno fa, buttandosi dalla finestra. Era un lunedì e l’ultima volta che la vidi era venerdì sera a cena. Mi parlava di farla finita e io ero sicura al 100% che non l’avrebbe mai fatto. Le parlavo cercando di farla ragionare, e credevo di riuscirci. Mi chiese se sarei andata ancora a trovarla. Poi passò il weekend, e lunedì mattina mio padre mi chiamò dicendomi che si era buttata. Sono arrivata in tempo per vedere praticamente tutto. E la prima cosa che ho pensato è stato “perchè mi hai fatto questo?perchè mi hai tradito così?”. E’ un anno che mi massacro di cose da fare per non pensare, perchè non pensare ad un dolore così forte è quasi facile. Ora sono esausta. Non parlo mai di mia mamma con mio padre o con mio fratello, ma per me è come se fosse ieri. Mi vergogno a dire in giro come mia mamma è morta, e questa è la cosa che odio di più. Lei era bellissima e vergognarmi di lei e insostenibile. Non so, non so proprio se una cosa così si può mai comprendere o spiegare.
Ciao Elena mi chiamo Anna e come te ho perso mio padre nello stesso modo e nello stesso periodo ho letto solo ora la tua lettera mi piacerebbe parlare con te.
sono la sorella di Diego, si è impiccato una settimana fa, eravamo 4 fratelli, io e lui , lui io, sempre vicini o almeno così credevo fino al tragico 16 Marzo scorso. Sono costantemente in apnea non so cosa fare pensare dire. I miei genitori, la mamma che lo ha trovato …….
Sono Elena sorella di Valeria, anche lei si è impiccata…una settimana fa. L’ha trovata suo marito. Sto male, non so come gestire questa cosa, sono terrorizzata e non riesco a stare da sola..ho paura per mio padre. Cosa si può fare…come si supera tutto questo?
Ciao Elena, come dicevo a Daniela tutto questo non si supera con delle regole…. sono eventi forti e tragici che non hanno spiegazioni valide…. non abbiamo pace perchè non troviamo la motivazione: chi muore x incidente stradale ha il motivo, per malattia vè motivo, x disgrazia vè motivo, ma per suicidio? il motivo non c’è…. si soffre uguale per la perdita di una persona cara certo, la mia frase non vuole sminuire chi muore per altre cause! Il nostro cuore ha bisogno di trovare motivazione al dolore provato ed in questi casi motivazioni non ce ne sono…. quindi i sopravvissuti tendono a darsi colpe che non hanno…. ti do lo stesso consiglio: unisciti ai tuoi cari e parla con chi ti può capire….
Un forte abbraccio.
Ciao Daniela, io sono la moglie di un suicida. Sono ormai passati piu di tre anni ma ricordo il momento come fosse ieri….
Mio suocero si era suicidato anni prima, mio marito aveva 28 anni all’ora…. purtroppo l’ha segnato…. da li ha cominciato ad emulare il padre in tutto e per tutto…. ha cominciato ad essere piu violento…. ma non toglieva mai il sorriso dal viso…. era molto solare…. un giorno usci; saluto me e nostro figlio (all’ora non aveva ancora 2 anni) e non torno piu….
Si sparo durante la notte….
La tua mamma che lo ha trovato non dimenticherà mai quelle immagini…. e se le immagini dei ricordi restanti si sbiadiranno quell’ultima immagine purtroppo sarà sempre nitida….
Nessuno saprà mai il perchè una persona arrivi a quel gesto…. nemmeno le eventuali motivazioni saranno veritiere della situazione in cui si trovava il vostro Diego…. e’ un atto di egoismo e di rifiuto alla vita…. passerete dal senso di colpa, alla rabbia, alla rassegnazione ed all’accettazione del dolore ma MAI accetterete o comprenderete il gesto….
E’ utile stare vicini, parlare con persone che possono comprendervi, parlare dell’accaduto, ma sappiate che NON AVETE COLPE NON POTEVATE PREVEDERLO O EVITARLO….
Non c’è una legge su come reagire, non ci sono regole…. non vergognatevi, non sentitevi in colpa…. ci sono persone che vi possono capire ed aiutare….
io lo faro volentieri se volete….
Un forte abbraccio da chi può comprendere…..