Le analisi sul primo film a colori di Michelangelo Antonioni, Leone d’Oro a Venezia sono oramai letteratura. Rivedendo il classico salta agli occhi una prospettiva cara a noi di SOPRoxi che probabilmente vale la pena rispolverare.
Vedere un film del 1964 impone di rallentare la propria percezione visiva. Scene che durano più di un minuto, tagli rarissimi e ritmo rallentato. Si ha bisogno di qualche minuto per riabituarsi ad un linguaggio completamente diverso. Poi, come per tutte le altre cose, ci si abitua, si entra nel film e ci si lascia ammaliare dalla magia della settima arte. A tutta la pellicola fa da sottofondo il mare, con il suo fruscio, il vento e le sbuffate delle navi. Una nebbia fitta che immerge i protagonisti in una dimensione surreale e immaginifica, che riporta alla realtà solo grazie alle ambientazioni industriali. Ciminiere, fumi, container, interni delle fabbriche. Scenari disabitati. È difficile individuare una collocazione temporale precisa. Tutto è girato in un grigio monotono che non lascia intravedere colori se non la stanzetta rossa del battello ormeggiato al molo e le scene estemporanee che rievocano la favola di una bambina che vive sola su una spiaggia rosa. Deserto rosso porta il contrasto già nel titolo. Deserte sono le scene in cui non si vedono altri personaggi se non i protagonisti del film. Deserti sembrano anche i personaggi stessi che si muovono su uno sfondo grigio e opaco, confondendosi attraverso le loro anime aride con lo stesso colore grigio. L’unica che spicca e che cerca di darsi un colore è Giuliana.
Interprete del suo male di vivere e di domande che in fondo si pongono anche tutti gli altri. Suo marito Ugo, ingrigito dalla sua quotidianità non ha capito la gravità del suo malessere così come il tentato suicidio della moglie. C’è una vergogna di fondo nell’ammettere che non si è trattato di un incidente, come all’inizio del film Ugo stesso confessa al collega Corrado: “Dopo quell’incidente Giuliana non si è più ripresa”. Giuliana chiede diverse volte a Corrado se fosse già al corrente “dell’incidente”. Corrado nega per alcuni dialoghi, ma dopo ammette di saperlo. Corrado chiederà a Ugo se era presente durante l’incidente. Ugo stizzito gli risponderà che era a Londra e che non rientrò perché gli fu detto che non era necessario. “Perché, ti ha detto qualcosa Giuliana?” vuole sapere dall’amico. È evidente in questo preciso punto che è proprio “l’incidente” a creare lo squilibrio nella coppia. Giuliana non è stata sincera, Ugo si sente in colpa perché sa bene che Giuliana nel momento dell’incidente avrebbe avuto bisogno di lui. Ma sminuisce, non era necessario tornare da Londra. Sa bene che il loro rapporto si è incrinato da allora. Giuliana confesserà molto dopo a Corrado che non si era trattato di un’incidente. Che si vergognava, ma che aveva “tentato di suicidarsi”. Corrado non riesce a ripetere quella parola e userà “cercato di morire”.
Tutto il disagio esistenziale parte dall’incidente di Giuliana. La figura più lucida di tutti, quella che si fa portavoce di temi scomodi, che in fondo occupano anche gli altri personaggi, ma che a differenza sua non esprimono. Il suicidio o il tentato suicidio è elemento scatenante per una riflessione profonda alla quale sono costretti a prendere parte anche gli altri: Corrado in primis che si sente attratto da Giuliana, ma che non riesce a capire fino in fondo e Ugo, che è interessato marginalmente dal malessere della moglie e che non ha capito per nulla (“Se Ugo mi guardasse come mi guardi tu, avrebbe capito molte cose” dice Giuliana prima di confessare la verità a Corrado). Il rifiuto di vivere diventa il motore di tutto il film la cui trama è solo un pretesto per seguire i pensieri di Giuliana, immersa in un mondo del quale non riesce più a decifrare le coordinate: “Sembrava che mi fossi reinserita nella realtà e invece no, non guarirò mai..”
Probabilmente non guarirà mai, ma almeno come gli uccellini di cui chiede Valerio, il bambino, avrà imparato a non passare attraverso il fumo giallo, perché velenoso.
(Marina_SOPRoxi)
2 Comments
L’avrò senz’altro visto tanti anni or sono.
Non ricordo nulla e quindi incuriosito lo rivedrò avendo purtroppo ora esperienze in merito.
Grazie del tuo commento, Giuseppe. Come scriviamo anche nella nostra pagina introduttiva:
“In questo spazio all’interno di SOPRoxi vogliamo provare a trovare quelle risposte – o almeno qualche carezza – nell’arte intesa in tutte le sue forme. A conferma che l’arte non ci lascia mai e che ci sostiene anche nei momenti più bui della nostra vita. Perché magari la nostra stessa riflessione già conclusa da un poeta, un letterato, un artista centinaia o decine di anni fa, risuona esattamente come la sentiamo noi in questo istante”
Continua a seguirci!