Quando ho incominciato a vedere The Bear (L’Orso) non avevo la minima idea di che cosa trattasse, ero solo attratta dalla locandina (vintage e giallastra), dal volto particolare del protagonista e ispirata da qualche scarna recensione sui social. Alcune cose compiono dei percorsi bizzarri per raggiungerti.
La serie è ambientata all’interno di una cucina di una tavola calda di Chicago. I fornelli, gli utensili trasudano, le pareti e i pavimenti sembrano la pelle di un lavoratore ad orario di chiusura. Proprietario e chef è Carmen che, reduce di anni trascorsi in ristoranti stellati, si è lasciato alle spalle il glorioso passato, per prendere in gestione l’attività di famiglia, sull’orlo del fallimento. Qualcosa è accaduto, ma non si capisce immediatamente, la storia si srotola puntata dopo puntata anche se non si rivelerà mai fino in fondo: il fatto, così come il dolore, non è servito mai su un piatto, ben presentato, su sfondo bianco. Così la telecamera non esita sulle portate ma sulla loro lavorazione, sull’impegno e la sapienza che richiedono, sulla fatica, sul caos che regna nella cucina. Non si vede la tragedia, ma il dietro le quinte, per giunta a fine spettacolo, quando l’atto è compiuto e c’è da fare i conti con ciò che ha lasciato. La confusione che regna nella cucina è quella dell’animo del protagonista, che continua a lottare in uno stato confusionale che consuma, tende i muscoli, li irrigidisce, scombina e annoda i capelli, irrita gli occhi e genera profondi solchi sul volto. Carmen continua a camminare ma il suo corpo è intriso di dolore. L’eredità degli anni trascorsi a respirare il rigido clima dei ristoranti stellati lo perseguita e se di giorno prova a soffocare la perdita e l’ansia, di notte l’orso lo raggiunge, gli taglia la strada e gli ricorda, come una fiera dantesca, che è lungo il viaggio da compiere e non si può scappare.
Riscattare il malandato ristorante significa riscrivere le sorti della propria famiglia, ma la sua è una ricerca cieca, affannosa e solitaria. Chi verrà a soccorrerlo è una ragazza giovane e talentuosa che con determinazione, coraggio e senza atti di pietismo, farà da capitano insegnando alla ciurma come remare all’unisono per uscire dalla tempesta. Un futuro possibile scoverà Carmen una volta fermatosi e ricucite le proprie radici. Il cibo e la cucina, elementi osannati e abusati nella cultura odierna, diventano in questa storia pretesto e strumenti per raccontare un’altra storia di dolore, assenza e un poco di speranza.
Federica Rubino per SOPROXI