L’uomo che si sta specchiando non si riconosce più, quello il cui volto è pasticciato sulla foto di famiglia non sa più chi è.
Edward Honaker è un giovane fotografo americano. A 19 anni gli è stata diagnosticata una depressione. Così ha deciso di documentare il suo stato mentale eseguendo una serie di autoritratti che potessero evocare o almeno dare un’idea delle sue sensazioni, emozioni. Ne viene fuori un progetto ampio, a tratti anche scomodo, ma sicuramente riuscito laddove l’idea della solitudine e dello spaesamento prendono il posto di un lago, una schiena accasciata su un mobile, un volto sfocato.
Sarebbero potute essere benissimo immagini del pittore surrealista Renè Magritte quelle che ci propone Honaker. Un volto coperto da un tessuto molto simile a quello della carta da parati sullo sfondo simboleggia il tentativo di conformarsi all’ambiente esterno, ma ciononostante restarne fuori, ovvero soli. Il perdersi dei contorni del volto immerso in una vasca da bagno rappresenta il graduale annullamento della personalità.
Oppure l’immagine dell’uomo immerso a mezzo busto in un lago con un palloncino legato al polso comunica da una parte il tentativo di connettersi con il mondo fuori, dall’altra la sensazione di restare soli in mezzo ad un vuoto. È il riflesso del busto stesso sull’acqua che apre questa seconda dimensione e rivela contemporaneamente la solitudine dell’umano in quel lago. Si passa dalla necessità del protagonista di cercare un dialogo con il mondo esterno attraverso un mobile o una sedia allo scontro con l’oggettiva rappresentazione figurativa monotona (dal momento che non ci sono colori nel mondo di Honaker fotografo). Il passaggio avviene attraverso piccoli escamotage come il riflesso sul lago. Nelle altre immagini, come quella in cui si ritrae con la schiena rivolta verso l’obiettivo della fotocamera (in un autoritratto rappresentativo l’artista si sarebbe rivolto verso l’obiettivo per farsi riconoscere) si tratta della schiena stessa, oppure ancora, nel volto dell’uomo seduto composto sulla sedia sfocato e per niente riconoscibile, o in un’altra fotografia ancora nascosto da un telo, sott’acqua, pixelato, incappucciato.
È come se Honaker si muovesse fra queste due dimensioni e non riuscisse a venirne fuori se non rappresentandole. Andando oltre il livello dell’univoco surrealismo nel quale si iscrivono a primo occhio le sue fotografie, Edward Honaker si spinge oltre nei ritratti in cui si lancia da un palazzo, si immerge in una vasca d’acqua o si ritrae con il cappio intorno al collo…
Quel cappio però nelle sue fotografie trova il prolungamento in un gruppo di palloncini.
All images © Edward Honaker
In questa intervista Honaker parla fra l’altro di come durante la fase peggiore della sua malattia sia stato fondamentale l’ascolto da parte degli altri
Mentre sul suo sito è possibile dare un’occhiata all’intero progetto fotografico.
(Marina_SOPRoxi)