Nel 1992, quando uscì l’album dei R.E.M. Automatic for the People, non sapevamo che sarebbe diventato uno dei dischi più apprezzati del decennio. Erano trascorsi dieci anni dal primo album della band e non da molto le loro canzoni avevano smesso di passare quasi esclusivamente sulle college radio americane per diventare hit globali. E non sapevamo che Everybody Hurts, la quarta traccia dell’album, sarebbe diventato uno dei loro pezzi più amati di sempre.
La carriera dei R.E.M. è costellata di canzoni splendide, più complesse e sofisticate di questa. Però Everybody Hurts ha una potenza disarmante che l’ha fatta diventare tesoro di tutti. Con buona pace dei fans storici – e un po’ snob? Mi ci metto anch’io! – della band di Athens.
Bill Berry, il batterista autore del brano, ha dichiarato che il suo intento era quello (semplicemente!) di arrivare alle persone che sentono di non avere speranza.
Far capire i testi delle canzoni a chi ascolta non è mai stata una priorità per Michael Stipe, e spesso il suo cantato è quasi indecifrabile; ma non qui. Qui la sua voce è forte e chiara, perché il messaggio non deve andare perduto. Lui stesso dichiarerà, ascoltandosi: “Non riesco a credere che sia la mia voce. È purissima. Questa canzone ha smesso immediatamente di appartenere a noi ed è diventata di tutti.”
Peter Buck (chitarrista) ha spiegato che il testo è così semplice e diretto – fatto insolito nella produzione REMiana – proprio perché vuole rivolgersi a un pubblico vasto, di diversa età e cultura.
I R.E.M. hanno ricevuto un encomio ufficiale dallo stato del Nevada per l’impegno nella prevenzione del suicidio che questa canzone rappresenta.
Il video, diretto da Jake Scott, è efficace e commovente: un ingorgo in autostrada, le bocche di tutti che restano chiuse, i pensieri negativi delle persone in forma di didascalie che si sovrappongono alle parole della canzone, e quando finalmente Michael Stipe apre la bocca e canta “Hold on!” (Tieni duro!) e le persone cominciano a uscire dalle auto imbottigliate, si sente quasi una scossa elettrica, e tutti si rianimano, e vanno. Non hanno più le ruote, ma hanno i piedi: si può ancora uscire dall’impasse, si può andare altrove.
Everybody Hurts può sembrare l’antitesi di Asleep degli Smiths: là il quieto addio di Morrissey che parte per “un mondo migliore” dentro il sonno, qui l’abbraccio forte di un’amicizia che sorregge, un’amicizia da cantare in coro, scudo contro la solitudine. Ma entrambe danno voce a un travolgente desiderio di cambiamento, come scrivevo qui un anno fa. Entrambi sono canti di sollievo.
Quando il giorno è lungo
E la notte
La notte è solo tua
Quando sei sicuro di averne avuto abbastanza
Di questa vita
Be’, tieni duro
Non lasciarti andare
Perché tutti piangono
E tutti stanno male qualche voltaQualche volta è tutto storto
Ora è il momento di unirsi al coro
Quando il tuo giorno è solo notte (tieni duro)
(tieni duro) se hai voglia di mollare tutto (non mollare)
Se questa vita
Ti sembra troppo
Be’, tieni duroPerché tutti stanno male
Trova conforto nei tuoi amici
Tutti stanno male
Non arrenderti [non sprecare le tue carte]
Oh, no
Non arrenderti
Se ti sembra di essere solo
No, no, no, non sei soloSe non hai nessuno
In questa vita
I giorni e le notti sono lunghi
Quando questa vita ti sembra troppo
Per tenere duroBe’, tutti stanno male
Tutti piangono
E tutti stanno male qualche volta
Perciò tieni duro
Tieni duro, tieni duroTutti stanno male
Non sei solo.
(Anna_SOPRoxi)