A metà degli anni Sessanta, Paul Simon ha girato per un paio d’anni i folk club d’Inghilterra, dove era ancora relativamente sconosciuto, e lì ha concepito alcune delle canzoni più amate a firma Simon & Garfunkel.
A Most Peculiar Man è particolarmente britannica nel suo understatement.
Era un uomo molto bizzarro
Così dice la signora Reardon
E se non lo sa lei
Che abitava al piano di sopra.
Diceva che era un uomo molto bizzarro
Viveva tutto solo dentro una casa
Dentro una stanza, dentro se stesso
Un uomo molto bizzarro
Non aveva amici, parlava di rado
E gli altri a loro volta non parlavano con lui
Perché non era un tipo cordiale e non gli importava
E non era come loro
Oh, no! Lui era un uomo molto bizzarro.
È morto sabato scorso
Ha acceso il gas ed è andato a letto
Con la finestra chiusa
E non si è svegliato più
Nel suo mondo silenzioso
E nella sua stanzetta.
E la signora Reardon dice che ha un fratello da qualche parte
E bisognerebbe informarlo subito…
E la gente poi diceva:
Che peccato che sia morto.
Ma non era un uomo molto bizzarro?
La prima versione, essenziale, voce e chitarra acustica, appare nell’album di debutto The Paul Simon Songbook.
L’autore spiega: «Ho scritto questa canzone quando vivevo in Inghilterra. L’idea germogliò leggendo su un giornale un articolo su un uomo che si era suicidato. Quattro righe… E pensai: che modo orribile di uscire di scena. Un elogio funebre di quattro righe.»
Simon si accosta all’argomento in maniera ellittica: del suicidio si parla esplicitamente solo nell’ultima strofa e il ritratto dell’uomo è affidato quasi esclusivamente alla vicina perplessa, incapace di empatia. Un uomo «molto bizzarro»: dapprincipio prendiamo questa descrizione alla lettera, ma a ogni ripetizione l’aggettivo si fa più ironico e cupo. Si snocciola l’elenco delle prove di questa bizzarria: viveva solo, non aveva amici, non parlava, non era come loro.
Alla fine si apre un sipario sul suicidio. Ora che ci è arrivato, sembra che l’autore non abbia nessuna intenzione di sorvolare e illustra tutti i particolari, aprendo finalmente uno spiraglio sul punto di vista dell’uomo.
Poi c’è una ripresa della linea melodica più convenzionale e interviene nuovamente la signora Reardon, che segna una caduta di tono rifugiandosi in un linguaggio formale, burocratico: «ha un fratello da qualche parte e bisognerebbe informarlo subito».
Grigiore, solitudine, incomunicabilità. Quell’uomo (senza nome, a differenza di Richard Cory, protagonista suicida di un’altra canzone di Simon) aveva una storia, aveva un dolore di cui non sappiamo niente: «most peculiar» non ci dice niente di lui, non ci spiega perché fosse scontroso e solitario. Forse il suo fratello lontano avrebbe potuto raccontarci qualcosa, ma non lo incontreremo mai. Paul Simon tributa al suicida l’unico omaggio possibile: ce lo mostra per un attimo alle prese con il suo mondo interiore, ci dice che era molto più di quelle quattro righe sul giornale, che aveva un’anima.
(Liberamente tratto dal pezzo di Paul Owen sul blog musicale del Guardian, https://www.theguardian.com/music/musicblog/2012/dec/20/old-music-simon-garfunkel-a-most-peculiar-man)
(Anna_SOPRoxi)